Arti & Culture

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Gli attori e l’Intelligenza artificiale

Attori di cinema e di teatro di tutto il mondo stanno assistendo all’avvento dell’intelligenza artificiale, un fenomeno che rischia, nel tempo, di sostituire l’essere umano in tutte le sue manifestazioni, in primis nel mondo dell’arte, della fiction, del cinema, del teatro.

Il 15 luglio 2023, una notizia d’oltreoceano echeggia sui nostri social e giornali, un po’ a latere, non molto cliccata: lo sciopero di un folto numero di attori  e sceneggiatori, tra cui Meryl Streep, Jennifer Lawrence, Matt Damon, solo per citarne alcuni, che sta paralizzando Hollywood e tutte le première, per maggiori tutele sui diritti d’autore e d’immagine e per esprimere preoccupazione sull’uso dell’intelligenza artificiale nel cinema, che dovrà essere necessariamente regolamentato in un futuro prossimo.

L’attrice sessantacinquenne Fran Drescher, portavoce della protesta ha dichiarato, durante il suo discorso ufficiale: “Siamo arrivati con grande tristezza a questo bivio, ma non avevamo scelta, siamo noi le vittime. Siamo vittime di un’entità molto avida. Sono scioccata dal modo in cui le persone con cui abbiamo lavorato ci stanno trattando…Quello che sta accadendo a noi accade in tutti i campi del lavoro… ”.

Era dal 1960 che sceneggiatori e attori non protestavano insieme.

Recentemente, sempre negli Stati Uniti, l’AMPTP (Alliance of Motion Picture and Television Producers) ha infatti ipotizzato di usare l’IA per scannerizzare  gli attori e tenere la loro immagine negli archivi, per poterla utilizzare nel tempo e praticamente illimitatamente, pagando i compensi una volta sola, consentendo alle case di produzione un notevole risparmio economico.

Inoltre, non solo le immagini, ma anche le voci possono essere clonate e ci sono casi in cui alcuni doppiatori, anche italiani, si sono riconosciuti in serie, che non avevano assolutamente doppiato, dando luogo a cause in tribunale.

Qui in Italia, fanalini di coda delle superpotenze mondiali, come artisti, non abbiamo ancora sufficientemente introiettato il concetto che tra qualche anno potremo essere tutti sostituiti da degli avatar e che il meccanismo millenario dell’effimero teatrale, del rapporto catartico col pubblico in teatro, e della recitazione cinematografica col metodo Stanislawskj/Strasberg, che trasmette al pubblico le micro-emozioni del personaggio, con un lavoro di interpretazione da scalpellini, potrà essere spazzato via in un amen, per lasciare spazio a ologrammi, personaggi artificiali creati ad hoc, che in realtà, a ben vedere, stanno già riempiendo i palinsesti.

Eppure siamo anche complici di questa globale “modernizzazione”, sperimentiamo tecnologie, contaminazioni, multidisciplinarietà, come viene chiamata.

Nelle nostre spasmodiche attività di fund-raising, accettiamo tutte le linee che i detentori dei fondi da erogare ci impongono.

Certamente il progresso non deve essere ostacolato: ma fino a che punto? Anche la bomba atomica rappresentava l’evoluzione della scienza, ma a che prezzo?

In modo impercettibile l’artista, l’attore in questo caso, è diventato nel tempo sempre meno importante, ma probabilmente nel delirio del nostro quotidiano artistico non ce ne rendiamo conto.

Che fare? Occorre un processo di consapevolezza che in Italia non abbiamo mai avuto.

In Italia non esiste neppure un organismo rappresentativo di tutta la categoria.

Con il Covid, complice la disperazione e l’incertezza per il futuro, erano nati molti comitati spontanei di solidarietà, subito dissolti non appena il lavoro è ripreso.

Susan Sarandon, sempre in merito allo sciopero americano, afferma: “Le questioni che non vogliono nemmeno discutere sono le più importanti e se non le risolviamo ora, se non affrontiamo lo streaming e l’intelligenza artificiale ora, non potremo tornare indietro. Non possiamo commettere questo errore”.

Quindi fondamentale una presa di coscienza, ma anche un’assunzione di responsabilità: l’opportunistico nascondere la testa sotto la sabbia, in nome della momentanea necessità di lavorare, o dell’ingraziarsi un regista o un produttore senza guardare in faccia nessuno, potranno essere la causa di un orientamento a nostro sfavore, come artisti, dell’uso dell’IA incombente.

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