Arti & Culture

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Il critico teatrale, questo sconosciuto

Esercitare l’attività di critico teatrale è ancora possibile in Italia? Non è che una piccola nicchia, ma emblematica della situazione di cortocircuito mediatico che ci circonda, dove diventa difficile analizzare, creare collegamenti attivi, distinguere registri espressivi e farsi portavoce di messaggi al pubblico, per portarlo a compiere lo stesso percorso ragionato.

La critica teatrale è un’attività nata di pari passo con l’evoluzione della scena stessa. In principio vi erano i filosofi greci che dissertavano sugli spettacoli e sui miti ad essi collegati, ma il genere si è affermato propriamente, con l’avvento del teatro borghese dal XVIII° secolo in poi.

Il critico teatrale era in realtà un giornalista, che scriveva dello spettacolo visto, magari “stroncandolo”,   ma anche delle vite degli attori e dei gossip che li riguardavano. Attori e registi ne avevano soggezione.

Nel ‘900 poi, la critica è diventata più scientifica e anche l’università ha iniziato ad interessarsene, attraverso campi di studio come l’antropologia, la semiotica, l’estetica, ma nel contempo il teatro è divenuto sempre più elitario, un’arte per pochi intellettuali e progressivamente è sparito dai giornali.

Silvio d’Amico, uno dei più famosi critici teatrali, attivo negli anni ‘30 e ‘40 diceva che i registi e i drammaturghi ne erano i responsabili. Emblematica la sua frase:

“Oggi gli autori scrivono per i piccoli gruppi intellettuali, per una certa critica, per porre la candidatura alle varie Accademie, non scrivono più per la folla. Sdegnano di fare quello che non hanno sdegnato Eschilo, Shakespeare, Calderon, Molière.  E allora la folla, che essi affettano di ignorare, li abbandona”.

In realtà il critico teatrale dovrebbe essere una figura professionale complessa e ricca di conoscenze culturali in vari campi, capace di avvicinare al teatro anche chi non lo conosce, un mediatore, una lente di ingrandimento atta ad individuare i linguaggi artistici e decodificarli, per renderli comprensibili e accattivanti per il pubblico, anche quello potenziale.

Il relegarsi ad un ambito di nicchia, su riviste specializzate, ha avuto l’effetto di perdere la funzione sociale dell’essere interprete dell’arte.

Ma oggi, nell’era di internet e dei social media, in apparenza accessibile a tutte le fasce di popolazione, è possibile esercitare un’attività di critica teatrale con intelligenza?

Oggi si possono esprimere valutazioni su tutto: ristoranti, alberghi, aziende, negozi.  Non ancora i teatri, ma, per esempio, sulle mostre d’arte si.

Chiunque può esercitare la “stroncatura” in lungo e in largo, decretando la condanna di un esercente, anche magari solo perché, casualmente, non si è sentito trattato bene. Ma questa non possiamo annoverarla nel genere della critica, piuttosto nel campo emozionale, dove le persone sono spesso preda di reazioni istintuali ed egotiche.

In ambito teatrale in realtà esistono molti blog di condivisione e confronto sugli spettacoli teatrali, ma per lo più sono gestiti da addetti ai lavori e non arrivano alla gente comune.  Non esiste ancora un “trip advisor” del teatro, ma se esistesse come potrebbe l’utente approcciarsi ad una critica costruttiva, esente da giudizi sommari e soprattutto supportata da una conoscenza o anche solo da una qualche forma di sensibilità?

E qui dobbiamo necessariamente prendere in considerazione il concetto più ampio di pensiero critico, alla base di ogni attività, non solo quella specificatamente teatrale.

Nelle varie definizioni enciclopediche, che si possono trovare su internet o su testi filosofici, si parla di osservazione, esperienza, ragionamento, comunicazione. Studi recenti in ambito educativo, individuano che lo sviluppo del pensiero critico all’interno dei programmi scolastici, sia più importante dello studiare in modo nozionistico. Ma essere un pensatore critico attualmente richiede fatica: la tendenza ad andare a fondo delle informazioni e degli stimoli che riceviamo dal mondo esterno, accettare i propri limiti, andare oltre i propri sentimenti e pregiudizi, cercare l’oggettività, incontrare reazioni negative da parte degli altri.  Un duro lavoro insomma e non sempre premiato, anzi, spesso osteggiato e vissuto come una seccatura.

Questa tendenza generale a rifuggire la complessità e la libera analisi, si riflette anche sulla critica teatrale, infatti oggi possiamo leggere molti articoli che parlano di spettacoli, dove il giornalista si limita a presentare lo spettacolo senza esprimere alcun giudizio, né analisi, spesso si tratta di un copia e incolla tratto dal comunicato stampa. Oppure se esprime apprezzamento, esso è spesso pilotato da qualche collegamento politico o lobbistico.

Ricevere l’onore di una critica ad un proprio spettacolo costruttiva, creativa, ragionata, obiettiva, svincolata da ogni appartenenza, è fortuna assai rara. Forse la figura del critico teatrale è tramontata, estinta? O forse segue il flusso di perdita generale della capacità di approfondimento autentico e libero del reale? Eppure esistono, c’è anche un’associazione che li rappresenta, pertanto siamo ansiosi di vederli venire fuori  allo scoperto.

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