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In questo momento storico noto una forte tendenza a polarizzare il pensiero, ad appiattire il confronto democratico nello scontro di visioni contrapposte e a confondere la presa di posizione con la partigianeria. Personalmente faccio fatica a trovare persone con cui dialogare in modo critico e costruttivo, anche fra noi giovani, che dovremmo essere il motore di un autentico cambiamento.
Quella che segue è una riflessione fatta di recente con Lorenzo -un caro amico che, come me, ha un’insopprimibile nostalgia della complessità-, nella quale abbiamo problematizzato quegli aspetti della gestione politica della pandemia che, a nostro avviso, non hanno avuto uno spazio adeguato nel dibattito pubblico del nostro Paese.
Giacomo
Ci troviamo formalmente in uno “stato di emergenza”, che dura ormai da più di due anni. Questa condizione straordinaria ha costituito la valida premessa per alcuni provvedimenti politici illiberali e discriminatori, come l’istituzione del Green Pass e le limitazioni di accesso agli ambienti sociali e lavorativi, per chi non si è sottoposto alla vaccinazione. Mi viene quindi naturale pormi queste domande. Esiste una situazione per la quale è lecito privare un essere umano dei suoi diritti fondamentali? E se sì, abbiamo le conoscenze necessarie per affermare che ci troviamo in una situazione di questo tipo? A me sembra che le scelte politiche degli ultimi mesi suscitino dei problemi etici non indifferenti, ma invece di essere oggetto di un dibattito critico adeguato, sono state accettate passivamente. Inoltre sembra che la maggior parte delle persone questo tipo di problemi non li veda.
Lorenzo
È proprio così. Credo che l’incapacità da parte di molti di interrogarsi su queste questioni, derivi in buona parte da come la situazione è stata raccontata. Ne farei innanzitutto un problema di linguaggio e di comunicazione. Si è poco disposti a riconoscere questo tipo di problemi etici, perchè escludere una certa categoria di persone dalla vita sociale è stata presentata come una soluzione necessaria ed efficace per la salute collettiva. Il linguaggio, da un certo punto di vista, crea il mondo e questa costruzione costituisce l’architettura plastica in cui ci muoviamo, l’atmosfera nella quale si inseriscono i nostri pensieri. Mi interrogherei molto quindi anche sulla narrazione audiovisiva: penso al peso mediatico che è stato dato alle immagini di ospedale, alla costruzione di una certa iconografia della sofferenza pandemica. Le immagini giornalistiche hanno avuto un ruolo fondamentale nel costruire un certo tipo di immaginario, che a sua volta ha condizionato una certa esperienza del mondo in questi due anni. La mia posizione è molto critica su questa operazione. È comprensibile che di fronte al buio di una minaccia sconosciuta si sia cercata una luce, mi chiedo però se la direzione intrapresa sia davvero quella della salute, nel senso più profondo del termine.
Giacomo
I canali di informazione istituzionali hanno operato una divisione manichea tra “vero” e “falso”, tra “buoni” e “cattivi” cittadini, senza fornirci le informazioni necessarie -se non frammentarie e contraddittorie-, per valutare razionalmente la fondatezza delle tesi proposte. Visto che su molti aspetti importanti del fenomeno Covid-19 gli stessi medici e studiosi hanno posizioni tra loro discordanti, mi chiedo quanto sia legittimo appiattire la complessità in questo modo ed esibire una tale sicurezza nel farlo.
Lorenzo
Io credo che la difficoltà nel riconoscere e quindi poi raccontare una solida base scientifica, senza contraddizioni, avrebbe richiesto un atteggiamento più umile e dimesso, invece di quest'arroganza istituzionale, che ha portato alle conseguenze sociali attuali. Di fronte ad un magma informe di conoscenze e ipotesi, si è preteso di prendere una decisione rigida che, probabilmente, quando saremo fuori da questo stato di sonnolenza generale, verrà letta per quello che è stata: un atto di violenza istituzionale solo fino a un certo punto giustificato dai dati.
Giacomo
Questa violenza istituzionale però non viene percepita come tale, ma come un atteggiamento necessario per uscire dall’emergenza pandemica. Osservando l’assetto dell’attuale governo però si noterebbe un fatto oggettivo: il parlamento è quasi esautorato della sua funzione legislativa, per un maggior accentramento di poteri nelle mani dell’esecutivo. Una situazione emergenziale richiede decisioni rapide, provvedimenti tempestivi e il dialogo democratico, da questo punto di vista, viene percepito come un problema: è troppo lento. Il carattere autoritario di questo governo, al di là delle posizioni che ciascuno di noi può avere su questi temi, mi sembra un aspetto tecnicamente evidente.
Lorenzo
Ho la medesima impressione. Qualsiasi accentramento di poteri mi sembra sempre pericoloso. Mi chiedo per quanto tempo, la situazione emergenziale potrà essere un pretesto, perchè questo accada; e inoltre, come diceva Agamben, se il superamento dell’emergenza non ci avrà traghettato in una situazione a tal punto trasformata, che sarà poi difficile tornare indietro. La questione del Green pass in questo senso è molto significativa: si tratta di uno strumento evidentemente di controllo. Per adesso non mi sembra ci sia la volontà di superarlo, forse anche per pigrizia istituzionale. In ogni caso l’apparato tecnico alla base del Green pass è stato in qualche modo collaudato ed è quindi utilizzabile in un futuro prossimo. È un sistema che ha avuto una sua sperimentazione sociale.
Per uscire da questa situazione bisogna lavorare sui piani della cultura e dell’educazione dell’essere umano, sull’atmosfera culturale ed emotiva in cui abitiamo, ed è molto difficile.
Giacomo
L’atmosfera narrativa in cui ci muoviamo oggi ti sembra propedeutica al “pieno sviluppo della persona umana” così come si intende nella nostra Costituzione?
Lorenzo
Lo scenario che viene narrato oggi è quello di un’umanità costantemente sull’orlo di un abisso, che sembra ingoiarci da un momento all’altro. Il terrorismo, il collasso finanziario, la pandemia, ora si vocifera a proposito di guerre mondiali. Questo costituisce il presupposto perchè i poteri si vadano concentrando. È necessario un lavoro sul linguaggio e sull’atmosfera culturale, per ottenere un’attitudine differente verso le cose del mondo. Il pieno sviluppo umano mette al centro la coscienza critica. Le conseguenze che vedo, soprattutto a livello sociale e culturale, mi sembrano antitetiche rispetto a questo progetto.
Giacomo
Creare un'atmosfera più onesta, veritiera e non soporifera credo sia un atto profondo di civiltà, una direzione politico-culturale, capace di orientare un popolo verso il pieno sviluppo del suo potenziale umano. Viste le conseguenze, si può dire che la gestione politica della pandemia sia per molti aspetti antitetica a quest'orizzonte e quindi contestabile. Basti pensare agli effetti che si sono innescati sulla salute psichica delle persone e sulla temperatura generale della coscienza critica.
Lorenzo
Ho letto un libro di recente, La saggezza delle fiabe di Massimo Diana[1], in cui si afferma che le fiabe, ma più in generale le storie, costruiscono l’uomo, ci guidano nella costruzione di noi stessi come umanità. Noi siamo costruiti dalle parole, non solo in termini morali, ma anche iniziatici. Esse ci guidano all’interno della realtà e se sono quelle giuste, impariamo a viverla in modo più pieno. Questa costruzione dell’uomo è il centro della visione costituzionale, perchè ciò avvenga è necessario fabbricare atmosfere più degne in cui abitare.
[1] Massimo Diana, La saggezza delle fiabe, Paoline, Milano 2010
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