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Intervista a Ennio Cabiddu, docente in pensione, che collabora con L'osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle Università e fa parte di una piccola, ma coerente rete pacifista: I Disarmisti Esigenti, che annovera anche la Lega Obiettori di Coscienza.
Come sta il pacifismo?
Con rammarico devo dire che il pacifismo, attualmente, non se la passa bene, da qualunque prospettiva lo si voglia esaminare.
Per rispondere a questa, tutt'altro che semplice, domanda farò ricorso alle tre vie per la pace individuate da Norberto Bobbio, nel suo famoso saggio: "Il problema della guerra e le vie per la pace".
Il pacifismo, che Bobbio indica come pacifismo strumentale, che persegue l'obiettivo di eliminare gli strumenti della guerra, le armi quindi, comprese quelle nucleari, non ha nessuna possibilità di successo anzi, mai come ora, la spesa militare è stata fortemente incrementata, gravando sui bilanci delle grandi potenze e anche degli Stati dell'Unione Europea.
Il pacifismo, che Bobbio indica come etico-finalistico, vale a dire quello che vorrebbe educare alla pace il maggior numero di abitanti del pianeta, in modo che la guerra venga considerata un crimine contro l'umanità, è una lodevole intenzione che, per ottenere il risultato sperato, ha bisogno di tempi lunghissimi. Anche qui registriamo una tendenza contraria, grazie ai potenti mezzi di persuasione, che la cultura militarista, bellicista e sovranista può mettere continuamente all'opera.
Rimane la terza via, quella del pacifismo istituzionale, che poggia sulla forza del diritto e quindi delle leggi che però, per essere in favore della pace, devono essere frutto di decisioni politiche, che solo gli organi istituzionali, democraticamente eletti, possono assumere.
In altre parole il pacifismo ritengo debba diventare un progetto politico, non solo un movimento di opinione, piuttosto un vero e proprio partito, capace di parlare di pace alla grande massa di cittadini, che della guerra subiscono tutte le gravi conseguenze, di cui però non colgono appieno il nesso causale .
Bisogna quindi che i pacifisti non siano visti come quelli che, in caso di guerra, escono allo scoperto per riempire qualche piazza, con slogan tanto belli da essere banali; piuttosto occorre che si organizzino in partito e si presentino alle elezioni. Solo così saranno costretti a parlare di pace con la gente comune, entrare nei loro problemi quotidiani, comprenderli e indicare delle soluzioni che, pur partendo dal valore della pace, siano comprensibili e condivisibili.
Ben venga quindi il tentativo di Michele Santoro e Raniero La Valle di presentare una lista pacifista alle prossime elezioni europee, in quanto già in sede di raccolta delle firme si potrà sperimentare cosa significa parlare di pace alla gente comune e non al pacifista militante, che è disposto a scendere in piazza, ma non a sottoporsi alla fatica di fare della pace il filo conduttore di una proposta politica, che abbracci tutti i problemi di una società complessa come la nostra.
L'appello di Santoro e La Valle si spera scuota il variegato arcipelago pacifista italiano, che conta centinaia di associazioni di varia ispirazione, ma che quasi mai riesce ad incidere sulle decisioni del Governo e del Parlamento.
Per spiegarmi meglio non devo far altro che prendere ad esempio le grandi manifestazioni contro la guerra in Ucraina. Mi chiedo: "Come si fa a chiedere il "cessate il fuoco", senza avere il coraggio di chiedere di smettere di inviare armi all'Ucraina? È come chiedere di spegnere un incendio, gettando benzina sul fuoco".
Per segnare un punto a favore in questo senso, bisogna tornare molto indietro nel tempo,1972, quando fu ottenuta la legge per il riconoscimento della obiezione di coscienza al servizio militare, che poi portò alla istituzione del servizio civile e alla sospensione (non all'abrogazione, è importante precisarlo) della leva obbligatoria.
Se un giorno, speriamo non molto lontano, il pacifismo diventerà proposta politica a 360 gradi, libero dai pesanti condizionamenti di cui oggi soffre, allora in Parlamento ci saranno tanti deputati e senatori sinceramente pacifisti e i risultati concreti saranno più facili da raggiungere.
Concludo affermando che la via istituzionale, anche se sembra ardua da percorrere, è comunque l'unica che può spianare sia la via "Strumentale" per eliminare gli armamenti, sia la via Etico-Finalistica, in quanto uno Stato pacifista è capace anche di educare alla pace la comunità nazionale.
Se poi tutto questo lo si proietta su scala mondiale, allora si avvererà il sogno di una autorità sovranazionale, capace di comporre in modo pacifico le controversie, risparmiando milioni di vite e ulteriori sofferenze alla nostra Madre Terra.
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