Occhio Critico

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Pace subito

Pace: miraggio o reale possibilità

 

Panorama sulle opportunità di pace e sullo stato di guerra

Breve panoramica sui trattati in vigore che limitano l’uso delle armi convenzionali e nucleari; descrizione della presenza di basi e armi nucleari in Italia; riflessione personale sull’attuale conflitto, sulla qualità dell’informazione, sul coinvolgimento dell’Italia e sulla necessità di una risposta unitaria da parte della società civile.

È appena trascorsa la ricorrenza del  26 settembre:  il Petrov day.

Stanislav Yevgrafovich Petrov nel 1983 aveva 44  anni. Era colonnello dell'aeronautica militare russa, un uomo di guerra con una grande esperienza.

Quel giorno, il 26 settembre, il nuovo sistema Radar segnalò l'arrivo di cinque missili contro la sua amata patria, cinque missili strategici, continentali, che annunciavano l'alba della guerra nucleare.

Era il suo turno, doveva fare una sola cosa: segnalare agli Stati maggiori l'evento e far partire la risposta contro gli Stati Uniti, questi ultimi non avrebbero tardato a rispondere, innescando un ciclo di inferno e di distruzione atomica, che non si sarebbe fermato prima dell’annientamento di buona parte della vita sulla Terra.

Doveva seguire i protocolli, obbedire agli ordini. Non lo fece. Solo dopo si scoprì che uno strano allineamento solare aveva creato l’inganno, i cinque missili erano solo oscure ombre generate dal sole.

La storia gli ha dato ragione e lo  ricordiamo ogni anno il 26 settembre.

Per questa volta, grazie all’intuizione, all’esperienza e alla speranza del colonnello Petrov, il genere umano aveva rimandato la sua estinzione.

In Italia, intorno al 1950, a Barbiana, un paesino sulle colline toscane, un prete di periferia, chiamato Don Milani, fondò una scuola di campagna  e, insieme ai suoi studenti contadini, pastori, poverissimi e ignoranti, scrisse un magnifico libro intitolato: “L’obbedienza non è più una virtù”, come lettera ai cappellani militari. Consiglio a tutti di leggerlo.

Un gesto che ci insegna che la pace si costruisce ogni giorno, lentamente, mentre per l’estinzione basta un minuto. Mentre Don Milani e la sua classe costruivano la pace, i cappellani militari benedivano le armi, che massacravano militari e civili.

Quello che stiamo vivendo attualmente è un momento molto particolare della storia mondiale, decisivo per il futuro dell’umanità. È l’epoca di un cambiamento radicale che vede i Paesi emergenti avere gli strumenti per imporsi come attori nei processi decisionali della politica mondiale, coadiuvati da un nuovo soggetto economico politico: il BRICS.

Questa presenza stimola tensioni e richiede nuovi equilibri, un riassetto geopolitico, in cui ogni attore deve ritrovare il suo posto e la sua sicurezza.

Ma soffermiamoci un attimo a fare un brevissimo riepilogo dei trattati, in buona parte disattesi, che disciplinano l’uso di armi nucleari e non.

Lo ritengo importante, soprattuto per chiarire il quadro desolante nel quale gli Stati Uniti, la Federazione Russa e i nuovi attori, quali Cina ed India, si trovano oggi.

Dopo la guerra fredda, grazie anche ad un solido e attivo movimento pacifista, si avviarono una serie di trattative, tese a diminuire il pericolo di una guerra nucleare.

Nel 1972 fu firmato ABM (Anti-Ballistic Missile), che limitava drasticamente i sistemi di difesa antimissili balistici.

Gli attori principali erano sostanzialmente due: Stati Uniti e  Russia.

Nel 1987, a Washington, fu firmato il Trattato INF (Intermediate Nuclear Forces), che portò all’eliminazione e alla distruzione di missili a lunga gittata.

Nel 1996 L’ONU  adottò il Trattato per il bando totale dei test nucleari (CTBT), dopo circa 40 anni di discussione!

Purtroppo affinché il Trattato possa entrare in vigore, nove Stati devono ancora firmare e ratificare tale strumento: Cina, Repubblica Democratica Popolare di Korea, Egitto, India, Indonesia, Iran, Israele, Pakistan e Stati Uniti.

Con il Trattato NEW START, entrato in vigore nel febbraio 2011, Stati Uniti e Federazione Russa ridussero in maniera significativa il numero delle loro testate nucleari.

Nel 2015 si raggiunse finalmente un accordo tra Stati Uniti e Repubblica Islamica dell’Iran, per evitare che quest’ultima si dotasse di armi nucleari.

L’8 maggio del 2018 l’amministrazione Trump  abbandonò unilateralmente l’accordo.

Dal 2 agosto 2019 il Trattato INF è ufficialmente ”morto” annullato  da Trump, dando la responsabilità alla Russia. Il trattato NEW START è stato sospeso lo scorso anno dalla Russia, per la pressione esercitata dalla NATO e dagli Stati Uniti.

 

trattato

 

Il trattato di proibizione delle armi nucleari TPAN vincola solo chi lo ha firmato. E non è stato firmato né ratificato da nessuna potenza nucleare, come si evince dalla figura.

 

nucleare oggi

 

Oggi è rimasto in piedi solo (o quasi) il  TNP  (Trattato di non proliferazione) che, nonostante la sua importanza, è stato un fallimento[1], considerando che nel mondo esistono già 13.000 testate nucleari, sufficienti a distruggere la terra decine di volte.

I trattati bilaterali e multilaterali sono importantissimi, ma tutti i buoni propositi sono svaniti e di tensioni ce ne sono parecchie oltre all’Ucraina, sia in Medio Oriente, che a Taiwan  ed in altre parti del mondo, come in Africa.

Ciò che è successo negli ultimi 20 anni, è  equiparabile al caso di due bambini che giocano a carte (USA e Russia) e che all’inizio seguono le regole, ma dopo un po’ cominciano a barare, prima in modo nascosto, velato, poi più apertamente, accusandosi l’un l’altro, per poi finire a litigare e a far saltare il banco.

Siamo giunti ai giorni nostri dove la mancanza di regole condivise sulla sicurezza, di rassicurazioni sull’uso delle armi strategiche, la debolezza e l’inaffidabilità dell’ONU come organo super-partes (teoricamente 

preposto a redimere le controversie e creare un terreno comune per il dialogo tra gli Stati), e sicuramente il comportamento bellicista ed espansionistico della NATO, hanno generato un escalation di tensioni e conflitti oggi irreparabile. Questo, oltre agli interessi strategici ed economici, è il quadro in cui si colloca la guerra in Ucraina.

Nella corsa al riarmo si ipotizza inoltre l’utilizzo dell’intelligenza artificiale all’interno della strategia di deterrenza. Questo significa che presto non ci sarà più il colonnello Petrov a decidere se premere quel bottone o meno e lasceremo decidere agli algoritmi l’esistenza della vita su questo pianeta.

L’Italia è parte delle potenze nucleari (non ha aderito a nessuno dei trattati suddetti), dal momento che ospita 130 basi NATO sul suo territorio e abbiamo un numero imprecisato di testate nucleari nella basi militari Nato di Ghedi ed Aviano, le nuove bombe nucleari B61-12, con cacciabombardieri F35, omologati e predisposti per le missioni nucleari.

Purtroppo la ricorrente affermazione: “Non ce lo dicono” è tristemente vera.

Faccio un esempio di informazione, denunciato in un pezzo di Don Maurizio Mazzetto su “Pax Christi”:

«Il Giornale di Vicenza pubblicava un articolo a firma Karl Zilliken il 19 settembre scorso, informandoci del potenziamento da parte della NATO  del sistema di difesa anti aerea europea a Vicenza ed in altre città dell’Europa, in uso al 173mo reggimento, quello che però non veniva specificato nell’articolo è che quella batteria di missili tratta prettamente di ordigni nucleari».

L’articolo continua riprendendo le parole di Cossiga a riguardo[1]:
«L’ autorizzazione data al Pentagono del raddoppio della base militare di Vicenza e della riunificazione su di essa del 173esimo reggimento d’attacco “Airborne”, strumento del piano di dissuasione e di ritorsione nucleare, denominato “Punta di diamante” [dal racconto stenografico del 28 febbraio]».

Così, senza nemmeno saperlo, abbiamo i missili nucleari in casa e lo spettro della guerra mondiale che bussa alla nostra porta; nonostante un referendum sul nucleare e una Costituzione che ripudia la guerra.

Il  conflitto tra il  blocco dei paesi NATO e la Federazione Russa è già una realtà da qualche tempo, i missili ipersonici SARMAT e le testate NATO sono pronti ad entrare in azione in qualunque momento e, per quanto inaccettabile, ieri e ancor di più oggi, la guerra è praticata come strumento di risoluzione delle controversie, con qualunque arma e per qualunque motivo.

E’ il momento di dire basta! Mettiamo al bando la guerra! Come diceva Gino Strada: “Mettiamo al bando ogni guerra!”.

Il successo del film Oppenheimer segnala l’interesse anche dei giovani su questi temi, ma  la cultura della guerra e del conflitto non solo permane, ma viene alimentata in modo subdolo e sta entrando sempre più  nelle nostre vite.

La parola d’ordine è divisione, in totale continuità con il periodo covid, e l’informazione è la prima responsabile di questo  stato di cose.

E poi la propaganda e l’esaltazione della guerra, linee di moda ispirate all’esercito, zainetti per la scuola stile militare, intrusione dell’esercito nell’istruzione scolastica - ad Agropoli il primo giorno di scuola si apre con la presenza dell’esercito - addirittura l’alternanza scuola lavoro, in Sicilia, la si fa alla base militare (USA) di Sigonella.

Un disegno di legge istituisce la giornata nazionale delle forze armate e nella società civile si proibiscono concerti, mostre, eventi sportivi e culturali dove vi sia qualcosa di russo.

È sempre più facile rintracciare iniziative tese ad esaltare l’opzione militare, non ultima la mostra, tenutasi qualche settimana fa sui ‘partigiani’ (in realtà nazisti) ucraini  del battaglione Azov di Mariupol.

Per fare un esempio di come il militarismo sia ormai un fatto assodato nella società, a Patrizia Sterpetti, portavoce WILPF Italia  (Women's International League for Peace and Freedom), presente alla conferenza internazionale di pace a Vienna, è stato consigliato, per la sua sicurezza, di togliere la spilla della conferenza della pace per le strade di Vienna, a causa dei contestatori filo Ucraini.

In Italia ci sono tantissime persone - secondo me la maggioranza - che non hanno, per vari motivi, nessuna intenzione di entrare in guerra, e non vogliono un conflitto contro la Federazione Russa, né contro nessun altro Paese.

La guerra nasce però sempre  da un grande inganno, da una propaganda martellante e dalla manipolazione.

Ci sono tante persone, e sono la maggioranza, che non vogliono usare i fondi europei per la pace per acquistare armi e proiettili per l’Ucraina, eppure lo stanno facendo in barba alla crisi, grazie alle decisioni del parlamento europeo.

Ci sono tantissime persone che non vogliono che il loro territorio venga usato come base di lancio per droni,  utilizzati per un attacco missilistico alla Federazione Russa, come l’attacco alla flotta del Mar Nero nel porto di Sebastopoli, eppure è stato fatto come operazione NATO.

Persone che non vogliono essere co-belligeranti insieme a USA e Gran Bretagna, che sono state raggirate o confuse dalla narrazione dell’aiuto umanitario o del dittatore pazzo assassino di turno, o della presunta impossibilità di sfilarsi dalle scelte della NATO.

Queste persone rappresentano il popolo della pace, che oggi non ha rappresentanza nel parlamento e che viene a turno dileggiato nei mass-media dominanti.

Il miglior modo per assicurare la sicurezza ad un Paese è la pace.

I militaristi hanno fatto un capolavoro ideologico riducendo la questione della guerra in Ucraina alla sola distinzione tra invaso e invasore: distinzione ridicola, che potrebbe descrivere un numero notevole di conflitti (come quello israeliano-palestinese), al quale l’Italia non ha partecipato o ha partecipato dalla parte dell’invasore.

Un pacifista o semplicemente una persona intelligente deve rifiutare questa prospettiva ottusa e distorta e riflettere su cause e possibilità. Un vecchio detto recita: “La pigrizia mentale è il primo passo per la violenza”.

Il panorama pacifista è complesso e in alcuni casi sconnesso dalla base e dal desiderio del popolo di arrivare ad una trattativa e alla pace nel conflitto in Ucraina.

Nei comitati, nei partiti o nelle varie associazioni pacifiste, o semplicemente contro la guerra, si ripete lo stesso vizio italiano di suddividersi in tanti piccolissimi gruppi, che perdono più tempo a polemizzare fra di loro piuttosto che procedere insieme verso l’obbiettivo comune.

Il popolo contro la guerra esiste ed è maggioritario, ma  chi lo può rappresentare oggi tra tutti questi personalismi o identitarismi?

Bastano e avanzano, per il mio modo di vedere, i più di 500 mila morti solo ucraini, senza contare i russi, città rase al suolo, terreni contaminati per generazioni da uranio, mine e bombe a grappolo, milioni di sfollati, 230 mila obiettori di coscienza rifugiati in altri Stati, la contaminazione dei mari, delle acque, un Paese enorme come l’Ucraina al collasso economico e sociale, la prospettiva di mandare al fronte donne, bambini e malati. Basta e avanza per dire che è il momento di metterci a un tavolo.

È mia ferma convinzione che, senza l’intervento della NATO e dell’Occidente, la questione si sarebbe risolta nel 2014, lasciando intatta l’identità territoriale dell’Ucraina.

Ricordo che dopo il rinnovo del pacchetto di invio di armi, a metà del 2022, ci fu a Roma la conferenza sulla ricostruzione/spartizione dell’Ucraina, presieduta dal primo ministro Meloni.

All’Italia toccò parte del Donbass - poveri noi -, i gruppi finanziari si appropriarono della loro fetta di Ucraina, nel bel mezzo del conflitto, e Stoltemberg si dichiarò orgoglioso di aver rifiutato l’offerta di Putin di una pace duratura, basata sull’assicurazione di non far entrare l’Ucraina nella NATO.

Così oggi l’Ucraina è distrutta e i ‘pre-potenti’ della Terra si leccano i baffi, mentre il popolo, imbambolato dai media, fa pure il tifo, magari mettendo fuori arcobaleni con su scritto: “Andrà tutto bene”.

Fortunatamente sono la minoranza, per ora.

Benvenuta è quindi qualsiasi iniziativa che vada nella direzione di incunearsi alle elezioni Europee con un partito della pace, che potrebbe rappresentare un’ottima risposta, una buona proposta.

Ieri come oggi ci sono  politici, giornalisti che dicono cose false per fini personali, persone che soffiano sul fuoco della guerra in modo ideologico, senza nemmeno prendere in considerazione il prezzo di giovani vite.

Giornalisti che entrano nelle fabbriche di armi e narrano come le armi erano cattive quando venivano inviate in Arabia Saudita contro lo Yemen, e come sono buone e giuste se mandate a Kiev, contro i russi

Bisogna saper distinguere la manipolazione, la propaganda dalla verità, e la verità sta più vicina alle madri russe e ucraine che non nelle bestialità proferite da molti intellettuali.

In un vecchio film di Akira Kurosawa sulla bomba atomica, “Rapsodia in agosto”, alla domanda sul perché esistano le guerre, la vecchia ormai stanca risponde: «Perché l’uomo vuole vincere» e  la vittoria e la pace difficilmente stanno insieme.

Concludo con questa «Se vi preoccupate anche solo un po’ della vostra sicurezza personale» scrive Nichiren nel Rissho Ankoku Ron «dovreste prima di tutto pregare per l’ordine e la tranquillità in tutti e quattro i quadranti del Paese». 

La frase di Nichiren significa che è necessario riflettere profondamente per sforzarsi di capire come creare una società pacifica, e metterlo in pratica senza paura.

La mia speranza è che ognuno di noi faccia qualcosa, usi la sua intelligenza come pietra di inciampo di questo ingranaggio folle, che ci sta portando alla guerra totale.

Ritornando quindi all’importanza di ogni gesto, ognuno di noi ha un ruolo, un ruolo magari piccolo, ma assolutamente determinante. Chi ha una convinzione proietta la società verso il futuro.

Non bisogna pensare mai che i nostri sforzi siano inutili e non bisogna mai lasciare questo prezioso mondo ai padroni della guerra, che si sentono anche padroni e proprietari dell’intero globo e delle persone che vi abitano.

 

[1]    scriveva Raniero La Valle sulla rivista "Rocca" il 1 aprile 2007, p. 13

 

[1]     Il Trattato di non proliferazione (TNP) di fallimento in fallimento ( Luigi Mosca ) https://www.pressenza.com/it/2023/09/il-trattato-di-non-proliferazione-tnp-di-fallimento-in-fallimento/

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