Occhio Critico

Occhio Critico

Un libro per ritrovare la propria missione nella vita

Mariella Lajolo - Counselor professionista, Mediatrice dei conflitti, Terapista alimentare

Un racconto, una metafora per riflettere e forse ritrovare il filo rosso della propria missione.

L’incontro con una donna, Viola e con il libro, che lei sapientemente consiglia, può aiutare.

Affidarsi a qualcuno può essere difficile, ma anche liberatorio di energie intrappolate o disperse.

Una piccola città di provincia, dove ci sono solo tre librerie, due deserte e una frequentatissima, per quanto non sia particolarmente grande e raramente esponga titoli conosciuti o best seller.

Eppure, in un periodo storico in cui sempre meno frequentemente le persone si rivolgono alla carta stampata e preferiscono acquistare i book, farsi leggere i testi dalla voce sintetica del cellulare, ascoltare video, sia per informarsi, sia per studiare, sia per intrattenersi con qualche bel racconto, si può assistere a un continuo via, vai di persone che si soffermano davanti agli scaffali, prendono in mano un libro per scorrere la quarta di copertina,  lo ripongono e ne prendono un altro con aria pensosa. Qualcuno viene più volte, dialoga a lungo con la proprietaria e si affida a lei per la scelta. Spesso uno o due incontri non bastano e, per poter godere di tutta la sua attenzione, si deve prendere appuntamento e attendere che nella sua agenda ci sia lo spazio per poter intrattenersi il tempo necessario.

Un giornalista della redazione locale, di un’importante testata nazionale, incuriosito dallo strano fenomeno, decide di andare ad intervistare la proprietaria, si reca più volte alla libreria, ma non riesce mai ad intercettarla. Lei è sempre impegnata in conversazioni in uno stanzino ricavato nel retro della libreria, arredato con due comode poltroncine rosse e batik alle pareti. Ogni tanto la si vede uscire, salutare affettuosamente le persone che si muovono tra gli scaffali e dirigersi a lunghi passi  verso un libro, afferrarlo con un sorriso e ritornare repentinamente alla conversazione interrotta.

Cerca di fermarla, di scambiare qualche parola con lei, ma con ferma dolcezza gli porge un bigliettino da visita e gli propone di chiamarla per fissare un appuntamento.

Il giorno successivo, nelle ore di chiusura del negozio, le telefona, ma i tempi di attesa sono troppo lunghi e lui non ha né il tempo, né la pazienza di aspettare.

Decide di provare a porre qualche domanda a coloro che escono con aria soddisfatta dal colloquio e le persone sono talmente ben disposte, che di buon grado accettano di parlare dell’incontro con Viola e del significato che ha avuto per ognuno di loro.

Tutti la descrivono come una signora di mezza età, talvolta vestita in modo un po’ stravagante, con la pelle leggermente ambrata, come se fosse sempre abbronzata, lineamenti marcati, una voce calma e musicale, molto acuta ed intelligente, disposta a dedicare a tutti il tempo necessario, capace di ascoltare come pochi sanno fare ed intuire i desideri, i rimorsi, i rimpianti della persona che le sta di fronte, riuscendo a consigliarle il libro che può avere la potenzialità di cambiarle la vita.

Perché, come dice Borges: “Il libro è una delle possibilità di felicità che abbiamo noi uomini”.

Una signora abbastanza giovane di bell’aspetto racconta di sé che da giovane avrebbe voluto fare la stilista, ma non aveva avuto la capacità, il coraggio di contrastare i suoi genitori,  che le avevano prospettato un futuro difficile. Quando lei parlava del suo desiderio, ripetevano che pochi riescono a “sfondare” ed essere riconosciuti per le loro qualità e così, per timore di non riuscire, aveva rinunciato e per tutta la vita aveva fatto la ragioniera, si era impegnata nel suo lavoro, aveva fatto una discreta carriera, ma le era rimasto sempre il rimpianto di non aver seguito il suo sogno, anche considerando il fatto che, in tutte le attività a cui si dedicava, emergeva sempre la sua natura creativa.

Anche un’altra signora, madre di due figli, generati con due padri diversi, entrambi poco presenti nella vita dei bambini, che usciva dalla libreria stringendo un libro tra le mani, con la chiara convinzione che tra quelle pagine avrebbe trovato il coraggio di cambiare prospettiva e non arrendersi, aveva accettato di scambiare qualche parola con lui e gli aveva confessato di aver perso la strada e che da anni si faceva domande che non  dissipavano la nebbia davanti a lei e non le permettevano di uscire dall’eterna riproduzione delle stesse esperienze. L’incontro con la signora Viola le aveva permesso di guardare oltre, di scorgere il raggio di sole che filtra tra le nuvole, la lettura del libro, che le aveva proposto l’incontro precedente, le sollecitava riflessioni e le faceva intravedere una strada possibile.

Il giornalista aveva provato ancora a porre domande ad altri frequentatori della libreria e il domandare aveva progressivamente cominciato a fare breccia anche nella sua vita.

Aveva scelto di dedicarsi al  giornalismo e lo aveva fatto, lavorava per una testata storica, autorevole e ci sarebbero state tutte le premesse per poter dare  un’informazione sana, un’opportunità per svegliarsi, per essere consapevole ed aiutare gli altri a diventarlo, di evolversi; ma negli ultimi anni, con la dissoluzione del ruolo originario della stampa  e la sua trasformazione in strumento di condizionamento delle masse, progressivamente aveva dimenticato quasi completamente, come molti altri colleghi, il ruolo storico di informare, di raccontare la realtà dei fatti, di fornire al lettore elementi per farsi un’idea e quindi fare scelte consapevoli; era infatti completamente condizionato dall’editore, a sua volta influenzato da azionisti, che controllano la maggior parte dei media mondiali. Aveva piano, piano cominciato ad utilizzare gli stessi principi di Gobbels: la generalizzazione, la semplificazione (trovare il nemico unico), il contagio psichico (percepire un gruppo di persone come i cattivi) e a sfruttare il potere ipnotico dell’informazione, capace di indurre comportamenti.

Non si era reso conto di essersi così allontanato dalla missione, che lo aveva portato a fare questa scelta professionale, collaborando a una stampa corrotta.

Via, via che rifletteva gli si affacciavano prepotentemente alla mente le parole, che spesso aveva sentito pronunciare da Indro Montanelli: “Io ho un unico padrone: i lettori”.

Una domanda iniziò a sollecitarlo: “Chissà se anch’io potrei trovare giovamento da un colloquio con la signora Viola e dal potere mai sopito dei libri?”

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